Realtà aumentata

Trovo sul tavolo la lista della spesa: “frutta, latte, cereali…”. Con il senno di poi, ci avrei scritto: “Buongiorno signor Spiego l’ego. La sua missione, se dovesse accettarla, riguarda la spesa settimanale. Se venisse catturato o uCciso, il governo negherà di essere stato a conoscenza dell’operazione. Questo messaggio si autodistruggerà tra cinque secondi”.

Supermercato. Le porte scorrevoli si richiudono alle mie spalle.

Buio in sala.

Il reparto ortofrutta è una giungla: decine di impiegati riforniscono ceste e scaffali, i clienti sbraitano intralciandosi con carrelli e carrellini. In un angolo, la cassetta delle banane in offerta avvalora le tesi di Darwin e scatena violenti istinti primordiali. Devo pesare delle zucchine, ma aggiudicarsi una bilancia è un gioco di abilità e studio dei tempi degno dei trabOcchetti di Indiana Jones. Abbasso la tesa del mio Fedora immaginario, imbraccio l’iconica frusta e mi lancio nella gimkana. Procedo a zigzag tra ostacoli, ascelle commosse e bancali di merce da etichettare. Una voce dopo l’altra la lista si assottiglia, finché l’ultimo espositore mi separa dall’area delle casse. Chiudo gli occhi e compio il balzo della fede.

L’avventura cede il passo all’horror. Mi trovo immerso in un carnaio infernale degno di Saw l’enigmista. Nel macabro tetris di corpi e carrelli, file sbilenche e tormenti, si consuMano violente torture psicologiche. Un cliente annebbiato ruota il polso e dà gas al carrello: rivive le impennate con il Fifty in cerca di una via d’uscita. Si procede a rilento, manca la coordinazione cliente-cassiera nell’afferrare la merce scagliata nello scivolo metallico. I più deboli soccombono alla pressione e sudando stipano gli articoli nei sacchetti in ordine casuale, versando lacrIme silenziose per le uova finite sotto il fustino del detersivo, che l’importante è togliersi da lì. A casa faranno la conta dei danni.

Più in là, uno spaghetti-western all’apice della tensione: in un’inquieta atmosfera alla mezzogiorno di fuoco, due signore conformi allo stereotipo della casalinga sono affiancate in un’unica fila. Un’inquadratura a piano americano, tagliata all’altezza delle ginocchia, coglierebbe la drammaticità della scena. IstintivameNte porto la mano alla fondina del mio illusorio cinturone. So come funzionano queste cose: dal duello alle bottigliate è un attimo, e il pianista ci resta secco. Una delle signore infila la mano nella borsa e stringe la sua carta fedeltà. L’altra svaga fingendo interesse per gomme da masticare e rasoi quadrilama, guadagnando qualche centimetro con il suo carrello. Sergio Leone proporrebbe un primissimo piano: minacciosi sguardi in tralice, pieghe di espressione, fronti corruGate. I pugni stringono la presa sui carrelli.

Il sottofondo di Morricone viene bruscamente interrotto da uno scroscio metallico, proprio un paio di persone davanti a me. All’atto del pagamento, un anziano signore ha rovesciato una quantità di rame sufficiente a forgiare quattro paioli da polenta. È il dramma: alle mie spalle si levano ululati di autentica disperazione. In condizioni normali anch’io mi lascerei andare allo sconforto, ma la prendo sportivamente: sono in ferie, non ho fretta, e la recente iscrizione al corSo di yoga – convenuta in un moto di riconoscenza verso il mio istinto – mi ha pervaso di armonia e coscienza zen.

Sorrido in solitudine e noto il responsabile del punto vendita che, mento sollevato, effettua una scansione del serraglio. Cosa gli passa per la testa? Mi immergo nel suo campo visivo e mi ritrovo nel casco di Ironman. Un’interfaccia intelligente sOvrappone informazioni utili in realtà aumentata: “Anziano appassionato di numismatica: tempo stimato di pagamento, 4 minuti”. “Mamma con bimbo turbolento: i capricci la distrarranno: 3 minuti”. “Trentenne maschio, tonno in scatola e surgelati: single. Con cassiera attempata, check-out in 45 secondi”. E così via, ordinaria amministrazione. Finché J.a.r.v.i.s non lancia un alert di livello 3: “Esemplare di milanese imbruttito in pensione: si lamenterà della coda che ha contribuito a rallentare e chiederà conto di ogni coupon consegnato insieme allo scontrino. Quando potrò usarlo? Posso cederlo a mio genero? Quando mangerò questi cracker, l’incarto andrà nella plastica o nell’indifferenziata?”

Colgo la scintilla nello sguardo del responsabile. Si volta e parte ad ampie falcate in direzione del suo gabbiotto. Con calma esco dalla fila e mi sistemo nell’unica cassa chiusa, ripOnendo sul nastro i miei articoli. Solo a questo punto il microfono annuncia l’imminente apertura della cassa 5. Nemmeno il segnale di Massimo Decimo Meridio avrebbe scatenato una tale devastazione: il clangore dei carrelli, usati per tagliare la strada agli avventori rinvenienti dalle retrovie, sovrasta lo scalpiccio frettoloso. È una lotta per la sopravvivenza, cui nemmeno i più deboli si sottraggono. In una scena surreale, vedo letteralmente decollare una signora sulla settantina, con il braccio inspiegabilmente teso davanti a sé nella posa di Superman, che disegna una perfetta parabola nell’aria per atterrare rovinosamente su una fila di carrellini-trolley. Un silenzio assordante ferma il tempo, finché un imbarazzato “Sono inciampata” restituisce il battito cardiaco alle persone vicine, che si prodigano per ricomporla. Lei si saggia il femore, pare che abbia retto.

Lieto fine, titoli di coda.

Sconvolto, ma divertito dall’esperienza, guadagno il parcheggio e sistemo i sacchetti nel portabagagli. È finita, penso. Ma c’è un’ultima easter egg, introdotta dal ruggito di un motore tirato a 5.000 giri. Mi volto di scatto aspettandomi la gang di Toretto impegnata in qualche numero alla Fast and Furious. No. È un nonnino alla guida di un residuato bellico una Lancia Thema dell’88 impegnato a parcheggiare in retromarcia. Ha dimenticato di staccare la frizione.

Luci in sala.

Adoro la magia del cinema. Dai colossali impianti multisala, alle antiquate sale ammorbate dalla muffa e dall’umidità, se il film è quello giusto, l’esperienza riesce sempre a coinvolgermi. La tecnologia dell’intrattenimento si evolve rapidamente: pellicole IMAX, effetti 3D e audio digitale promettoNo emozioni sempre più immersive, ma non c’è storia. Non facciamo l’errore di cercare esperienze reali affondati nelle poltroncine. Viverle davvero è enormemente più divertente!