Iscriviti a yoga

Da studente reagivo con esplosività al suono della sveglia, sincronizzato ed organizzato come il Furio di Viaggi di Nozze. Azioni e tempi erano pianificati meticolosamente: i calzini (ultras) pronti a fianco dell’orologio, gli indumenti allineati nel giusto ordine, il bollitore sul piano cottura e la tavola sobriamente imbandita dalla sera prima con stoviglie da colazione e biscotti. Con gesti sicuri e decisi afferravo il mazzo di chiavi, il portafoGli, la giacca. Al momento di uscire di casa, un fugace sguardo al cielo era sufficiente per sentenziare che mi sarei lasciato la perturbazione alle spalle nei pressi del Ponte del Costone.
Dormire un quarto d’ora in più al mattino poteva fare la differenza tra una giornata affrontata da leone e una vissuta da pecora zombie. Facevo sempre tardi lavorando a qualche progetto grafico, coltivando la mia relazione d’amore a distanza o girovagando per il web.

Qualche anno dopo, faccio ancora le ore piccole: lavorando a qualche progetto grafico, coltivando la mia ex relazione d’amore a distanza – ora evoluta in matrimonio – o scrivendo sul blog. Ho un maggiore controllo sull’impulso al cazzeggio, ma la mattina ho i riflessi appannati. Al risveglio non somiglio più al riuscitissimo personaggio di Verdone, ma al più tragico Fantozzi. È come nei videogiochi: i primi schemi sono facili, perfino i mostri di fine livello non impegnano granché. Con automatismi sicuri e collaudati si avanza in scioltezza. Ora però siamo una famiglia con due bambini (ora addirittura tre n.d.r.): ci sono imprevisti e probabilità che nemmeno al Monopoli. Con maldestra appRossimazione mi destreggio tra le pacche amorevoli con le mani impastate di latte e biscotti, la cacca a sorpresa e il quizzone: “questa mattina si dispererà perché non voleva la tazza blu o perché la voleva assolutamente?”. Lì non puoi prepararti. È culo.

Ma il superboss del livello colazione è l’allineamento delle lune storte, marcato in rosso sangue anche nel calendario Maya. Lo capisco subito, appena si accende la luce della cameretta e partono gli strilli. Respiro. Chiudo gli occhi e rivivo le scene efferate di Siamo fatti così: se mi lasciAssi prendere dal nervoso, in un attimo un trombo mi occluderebbe le arterie. Scaldo il latte, mente l’istinto insiste “Iscriviti a yoga!”.

Stamattina ho fatto tardi. Raggiungendo l’ufficio con mezzi propri, non posso neanche giocarmi la carta “autobus dal balcone”.

Non so come, ho commesso un grave errore, affrontando una curva a velocità troppo elevata. La strada è in discesa e un lieve sobbalzo unito all’umidità deve aver causato l’improvvisa perdita di aderenza. L’auto ha sbandato violentemente, perdendo completamente l’asse posteriore. Una scarica di adrenalina altrettanto violenta mi ha precipitato in una scena al bullet-time, dandomi l’impressione di vivere un tempo rallentato. Ho ignorato l’impulso di sterzare bruscamente verso l’interno, compiendo un veloce controsterzo ed evitando il testacoda. Il guardrail era davvero vicino, ma ho atteso con tutti i sensi allertati il momento in cui le gomme posteriori avessero recuperato aderenza per riallineare lo sterzo e dare gas. Stavo ancora imbardando, e ho realizzato di essere sottocoppia: l’avantreno non avrebbe compiuto il balzo necessario a togliermi da quella situazione, così ho scalato bruscamente e pigiato sull’acceleratore. Ho recuperato il centro della carreggiata e domato un furioso effetto pendolo.

Il resto del viaggio è stato un’unica, complessa riflessione sull’imprudenza compiuta, sulle conseguenZe che avrebbe potuto avere e sull’efficacia dell’istinto nel tirarci fuori dai guai. Non ho mai frequentato corsi di guida sicura. Ho delle nozioni di meccanica e amo guidare, la mia auto è piccola ma sportiva, ne curo la manutenzione. Ma la differenza oggi l’ha fatta l’istinto: in poche frazioni di secondo ho gestito una situazIone complessa compiendo una serie di azioni senza averne la consapevolezza. Se avessi atteso i tempi del ragionamento, probabilmente sarei piombato nella strada sottostante e forse “Divagare nella giusta direzione” sarebbe stato l’ultimo capitolo del blog.

Ci sono errori che non andrebbero mai commessi. Guidare con imprudenza è uno di questi, e non lo rifarò. Eppure anche da questo ho imparato molto. L’istinto è un meccanismo congenito e immutabile messo a punto da un’evoluzione durata millenni. Ci spinge, ci indirizza. È quella vocina nella pancia che a volte ignoriamo, soffocandola spesso con eccEssive riflessioni. Oggi si è meritato la mia riconoscenza, e il mio impegno a prestare maggiore attenzione ai suoi suggerimenti.

Divagare nella giusta direzione

L’auto tamarra esige un impianto stereo all’altezza e il mio, nonoStante la maggiore età, garantisce prestazioni di livello. Con un’adeguata regolazione dei bassi si rivela ottimo anche per sciogliere il catarro nei bronchi, liberando le vie respiratorie sfinite dai malanni di stagione. Essendo una persona raffinata, tendo a non abusare di questa funzione avanzata.

La reCente rottura del lettore CD ha concesso una tregua temporanea ad Annalisa, Rihanna e Ruggeri, che ho riposto nel cruscotto stremati ed afoni dopo una staffetta durata mesi. Allaccio la cintura e accendo l’autoradio: parte lo zapping compulsivo. L’indice si mUove come l’ago di un sismografo impazzito, percorrendo approssimativamente la distanza tra la Terra e la Luna nei 25 minuti necessari per raggiungere l’ufficio.

Alla radio chiedo compagnia divertente e momenti di leggerezza, perciò glisso i radiogiornali, dribblo i rosari e schivo i messaggi pubblicitari, soffermandomi solo sulle frequenze che traSmettono canzoni. Adocchiata la stazione, applico altri filtri, come in una partita a Indovina Chi: il sound è accattivante? No. Skip, skip, skip… il tormentone mi ha già saturato? Si. Skip, skip, skip… E così via. La ripetitività dei palinsesti fa il resto, e così in questo periodo incAppo spesso in due pezzi: All Night e Strade Sbagliate.

Il pezzo di Parov Stelar è una forza: un solo passaggio garantisce un paio d’ore di enerGia e buonumore. La canzone fracassa impazza sui social e negli spot in TV, e questo la renderà presto insopportabile, ma per ora la adoro. Appena la intercetto apro il vano portaoggetti lanciando cenni di intesa a Ruggeri: Senti? L’ostinato del pianofoRte è identico a quello di Contessa! E attacco: “Non puoi più pretendere di avé…”. Enrico però non appare turbato, così mi lascio coinvolgere dall’electro swing e prima di rendermene conto mi scateno in movimenti sincopati e shuffling da seduto.

La canzone finIsce un attimo prima della lussazione della spalla e il DJ introduce il nuovo pezzo di Grido e Chiara. Chi? Ascolto le voci e riconosco il fratello di J-Ax e la ragazza con il cordino sulla fronte. Le prime strofe me le perdo tra i sensi di colpa: passi ricondurre la Grispo alla treccina di cuoio, una scelta precisa per emergere dall’ultima sfornata di talent. È giovane, si farà. Ma il primo ha alle spalle una carriera dell’età stimata della seconda! I tempi sono maturi affinché le mie sinapsi lo liberino dall’ingombrante immagine del fratello.

Solo con il secondo ritornello afferro la filosofia Ehuè: scelte sbagliate – cuori infranti – notti in bianco – sono dove volevo. Bello! Con le cartilagini ancora doloranti, mi sbilancio nella mia interpretazione del testo: abbiamo tutti un percorso tracciato, con una meta e un certo numero di traguarDi intermedi, dal quale finiamo inevitabilmente per divagare. Usciamo dal seminato, compiamo degli errori. Ma se da questi sappiamo trarre esperienza, allora stiamo crescendo, e per quanto ci siamo allontanati dalla strada maestra, stiamo avanzando nella giusta direziOne. Sono dove volevo. Ah, no. È il parcheggio dell’ufficio.

Chiudere un occhio, vedere lontano

Chiudere un occhio, vedere lontano

Citazione All’inizio si ipotizzò che la mia maestra fosse un po’ svampita.
Metteva sempre BRAVISSIMA ai miei temi, eppure quando mia madre andava a leggerli, trovava un sacco di errori.
La prima volta pensò che la maestra fosse distratta.
La seconda pensò che magari non vedeva bene, visti gli occhiali che portava. La terza le telefonò per capire come mai non sottolineasse gli evidenti errori di grammatica che facevo nei miei temi.
E lei le rispose: “Signora, non lo faccia. Sua figlia quando scrive ha una grande fantasia, scrive di getto e con entusiasmo, se le facessimo notare gli errori potrebbe bloccarsi. Così invece si correggerà da sola man mano che studieremo la grammatica, senza perdere il piacere della scrittura.”
Quella maestra è diventata nel tempo una di famiglia, presente in ogni occasione speciale come una nonna saggia a cui dobbiamo tanto.
I suoi BRAVISSIMA mi hanno sproporzionatamente aiutata a non perdere il piacere della scrittura. Al punto che la scrittura è diventata la mia vita.
E io spero che questa storia possa servire a tanti adulti che hanno paura degli errori dei bambini.

Spingitori di lepidotteri

Domani piove. O c'è il sole.

Il coPione si ripete all’inizio di ogni anno, quando Brigitte Bardot soffre maggiormente i postumi del fischio alle orecchie. Sbaglio continuamente a datare contabili e documenti: “Duemilase-di-c… D’oh! Ci sono ricascato!” E il loop si ripete ogni due minuti. È difficile non cadere in errore quando dobbiamo andare contro abitudini ormai rAdicate, occorre pazientare per un tempo ragionevole. I complessi ingranaggi messi a punto dall’evoluzione sono già in movimento e appena saranno nella giusta posizione assimileremo i nuovi automatismi.

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Pokémon & prostata

Le lancette girano anche se non le guardi

Tutti, presto o tardi, accusiamo uno scompenso tra l’età anagrafica e quella percepita. Quando sento i miei coetanei sentenziare “Ai miei tempi…“, l’impulso è di scimmiottarli con la vOce di un vecchietto sdentato: Cosa sei, un cercatore d’oro del Klondike? Siamo ancora dei ragazzini, per la miseria! Poi realizzo che il movimento teatrale compiuto per rimarcare la presa in giro mi ha causato una fitta reumatoide tipo artrite e inizio a pensare che l’imiTazione del nonno mi riesca bene per raggiunti traguardi di anzianità.

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Il treno sbagliato

“A volte il treno sbagliato mi ha portato nel posto giusto” Paulo Coelho


L’immagine rappresenta un rompicapo pubblicato per la prima volta sul blog il 7 dicembre 2016. Nel 2024, dopo un incidente che ha comportato la perdita di tutti i dati, ho deciso di avviare una paziente attività di ripristino con mia figlia. Ho pensato che potesse essere un’attività divertente e in qualche modo formativa per lei.

Ho faticato (e non poco!) a risolvere il mio stesso enigma, costruito intorno al tema del treno. Credendo sia troppo difficile, avevo deciso di non riproporlo, ma mia figlia ha insistito. Eterna gloria a chi troverà la chiave (8 lettere)

Voglia di rivalsa

Nec recisa recedit

Non ho mai praticato sport a livello agonistico, insofferente alla figura del maestro e poco attratto dagli impegni gravosi e prolungati, ma ho sempre ammirato gli sforzi e i successi dei grandi campioni. Arroccato sul mio diVano ho seguito le più svariate discipline sportive, maturando una convinzione: le eccessive aspettative riposte nei giovani talenti si rivelano spesso fardelli insopportabili, sotto i quali gli atleti in erba finiscono per soccombere.
Al termine di un ciclo fortunato, o di una brillante carriera, il recordman appende al chiodo la sua attrezzatura e consAcra l’avvio dell’epoca più buia per i giovani esordienti, chiamati immediatamente ad eccellere per soddisfare le attese.

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Ciao Laniakea!

incommensurabile paradiso

Forse ho commesso il mio primo errore da blogger. Dacché mondo world wide web è mondo, il primo articolo di ogni progetto editoriale si intitola “Hello World!”. È benaugurante, brioso, e reca con sé un messaggio di positività e speranza. Toglie l’autore dall’imbArazzo di inventarsi un titolo più accattivante e rompe il ghiaccio con collaudata efficacia.
Ho deciso di rimediare omaggiando la tradizione, ma puntando più in alto. E lo faccio proprio con il naso all’insù.

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Calzini ultras

Calzini Ultras

Il primo post del blog! Una bella rEsponsabilità… una pagina bianca da riempire di contenuti significativi, per avviare un progetto rimasto nel cassetto così a lungo da essersi guadagnato il rispetto dei calzini.

Si usa dire che la prima impressione sia quella che conta; ricercHe più o meno scientifiche lo confermano e lo smentiscono continuamente, ma il fondo di verità non è mai in discussione: il giudizio formulato con la prima impressione è destinato ad influenzare le nostre percezioni per molto tempo.

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